L'Unità d'Italia

Il Risorgimento fu il periodo della storia d'Italia durante il quale la nazione italiana conseguì la propria unità nazionale.
Vittorio Emanuele II
Camillo Benso conte di Cavour
Le idee liberali, le speranze suscitate dall'Illuminismo e i valori della Rivoluzione francese furono portate in Italia da Napoleone. Rovesciati gli stati preesistenti, i francesi, deludendo le speranze dei patrioti "giacobini" italiani, si erano stabiliti nella Pianura Padana, creando repubbliche su modello francese, rivoluzionando la vita del tempo, portando sì idee nuove, ma facendone anche ricadere il costo sulla economia locale. Era nato così un movimento di aspettative e di ideali, alcuni incompatibili tra loro: vi erano in campo quelli romantico-nazionalisti, repubblicani, socialisti , liberali, i monarchici Savoia, vi era l'ambizione espansionista della Casa Savoia tendente a raggiungere l'unità della Pianura Padana, vi era il bisogno di liberarsi dal dominio austriaco nel Regno Lombardo-Veneto, un desiderio comune era quello di migliorare la situazione sociole ed economica approfittando delle opportunità offerte dalla rivoluzione tecnico-industriale, superando allo stesso tempo la frammentazione della penisola dove esistevano stati in parte liberali, che spinsero i vari rivoluzionari della penisola a elaborare e a sviluppare un'idea di patria più ampia. I personaggi più importanti in questo processo furono molte tra cui: Giuseppe Mazzini, Giuseppe Garibaldi, Camillo Benso conte di Cavour, Vittorio Emanuele II di Savoia. Vi furono gli unitaristi repubblicani e federalisti radicali contrari alla monarchia come Nicolò Tommaseo e Carlo Cattaneo; vi furono cattolici come Vincenzo Gioberti e Antonio Rosmini che puntavano a una confederazione di stati italiani sotto la presidenza del Papa; vi furono docenti ed economisti come Giacinto Albini e Pietro Lacava, divulgatori di ideali mazziniani soprattutto nel meridione.


Giuseppe Mazzini

Giuseppe Garibaldi
Dopo il Congresso di Vienna, l'influenza francese nella vita politica italiana lasciò i suoi segni attraverso la circolazione delle idee e la diffusione di gazzette letterarie; fiorirono infatti salotti borghesi che, sotto il pretesto letterario, crearono veri e propri club di tipo anglosassone, che si prestarono a coprire società segrete; alcuni esuli italiani, come Antonio Panizzi, s'impegnavano a stabilire contatti con le potenze straniere interessate a risolvere il problema italiano. Una tra le prime associazioni segrete fu quella dei Carbonari. Nel 1814 questa società segreta organizzò dei moti rivoluzionari a Napoli, che terminarono con la conquista della città nel 1820, poi persa ad opera dell'Austria. Occorre però dire che il primo reale moto carbonaro avrebbe dovuto effettuarsi a Macerata, nello stato pontificio, nella notte tra il 24 e il 25 giugno 1817. Ma la polizia, informata dei preparativi, soffocò l'azione sul nascere. I moti del 1820-1821, pur avendo tutti come obbiettivo la progressiva liberalizzazione dei regimi assolutistici che soffocavano le libertà d'Italia e degli italiani in quegli anni, assunsero tuttavia connotazioni diverse da stato a stato e da città a città. Mentre a Napoli i rivoltosi ebbero come unica finalità la promulgazione della costituzione, a Torino l'insurrezione accolse tensioni e inquietudini anti-austriache, già manifestatesi in quella città, nel gennaio 1821, dai moti studenteschi soffocati nel sangue dalla stessa polizia sabauda. Per tale ragione questi ultimi moti videro come protagonista uno degli uomini simbolo del nostro Risorgimento come Santorre di Santarosa. Anche a Milano partecipò ai moti una componente patriottica e antiaustriaca guidata dal conte Federico Confalonieri, instradato, subito dopo il fallimento dell'insurrezione, nel carcere dello Spielberg, dove era già presente da alcuni mesi l'amico Silvio Pellico. A partire dai primi anni dell'Ottocento si impose come figura di primo piano Giuseppe Mazzini. Nato a Genova nel 1805, divenne membro della Carboneria nel 1830. La propria attività lo costrinse a lasciare l'Italia nel 1831 per fuggire a Marsiglia, dove fondò la Giovine Italia, un movimento che raccoglieva le spinte patriottiche per la costituzione di uno stato unitario, da inserire in una più ampia prospettiva federale europea. La condivisione del programma mazziniano portò Giuseppe Garibaldi, nato a Nizza nel 1807, a partecipare ai moti rivoluzionari in Piemonte del 1834, per il fallimento dei quali fu condannato a morte dal governo Sabaudo e costretto a fuggire in Sud America, dove partecipò ai moti rivoluzionari in Brasile ed Uruguay. Le rivolte fallirono per la mancanza di coordinamento tra i congiurati e per l'assenza e indifferenza delle masse ai moti.
Massimo d'Azeglio
Vincenzo Gioberti
Nel cosiddetto biennio delle riforme (1846-1848), a seguito del fallimento dei moti rivoluzionari mazziniani, prendono vigore progetti politici di liberali moderati, tra cui spiccano Massimo d'Azeglio, Vincenzo Gioberti e Balbo con "le speranze d'Italia" i quali avanzano programmi riformisti per una futura unità italiana nella forma accentrata o federativa. Nasce così il movimento neoguelfo che riscuote successo presso l'opinione pubblica in coincidenza con l'elezione di papa Pio IX, ritenuto un "liberale".

La spedizione dei Mille e le guerre d'Indipendenza

Gli anni 1847-1848 vedono lo sviluppo di vari movimenti rivoluzionari e furono segnati dalla decisione da parte del Regno di Sardegna di farsi promotore dell'unità italiana. Primo passo in tal senso fu la Prima Guerra d'Indipendenza, contro l'Austria, scoppiata in occasione della rivolta delle Cinque giornate di Milano (1848). Tale guerra, condotta e persa da Carlo Alberto, si concluse con un sostanziale ritorno alla situazione precedente. Nei dieci anni successivi alla sconfitta riprese vigore il movimento repubblicano di Mazzini, favorito anche dal fallimento del programma federalista neoguelfo; i mazziniani promossero una serie d'insurrezioni, tutte fallite. Nel 1859-1860, ci fu una nuova fase, decisiva per il processo d'unificazione italiano. Fu caratterizzata dall'alleanza tra la Francia di Napoleone III e il Regno di Sardegna, decisiva per la vittoria nella Seconda Guerra d'Indipendenza contro l'Austria. Alla vittoria seguì subito l'unione del regno di Toscana e dell' Emilia Romagna, che si erano nel frattempo liberate. Si era così creato un primo abbozzo di stato italiano. Un ulteriore passo verso l'unità fu la Spedizione dei Mille. Quest'ultima era formata da poco più di mille volontari provenienti in massima parte dalle regioni settentrionali e centrali d'Italia, appartenenti sia ai ceti medi che a quelli artigiani e operai; fu l'unica impresa risorgimentale a godere, almeno nella sua fase iniziale, di un deciso appoggio delle masse contadine siciliane. Mentre Garibaldi avanzava da sud, le truppe sarde si recavano nello Stato della Chiesa e si scontravano con l'esercito pontificio nelle Marche, dove ebbero la vittoria che portò poi all'annessione di Marche ed Umbria. Solo dopo la battaglia di Castelfidardo si poté pensare alla proclamazione del Regno d'Italia, in quanto era ormai possibile unire geograficamente le regioni meridionali liberate da Garibaldi con le regioni del nord e del centro confluite nel Regno di Sardegna in seguito alla Seconda Guerra d'Indipendenza e alle conseguenti annessioni. La proclamazione del Regno d'Italia si ebbe il 17 marzo 1861. Il nuovo regno manterrà lo Statuto albertino, la costituzione concessa da Carlo Alberto nel 1848 e che rimarrà ininterrottamente in vigore sino al 1946. Molti e gravi furono i problemi che il nuovo stato dovette affrontare; anzitutto mancavano ancora all'unità il Veneto, il Friuli, la Venezia Giulia, il Trentino e il Lazio; poi c'era la questione della capitale, che era Torino, in quanto sede della monarchia, ma che già dalla prima riunione del parlamento si auspicò fosse Roma, ancora nelle mani del papa. Inoltre il giovane regno dovette affrontare il problema del cosiddetto "brigantaggio meridionale". L'unificazione fece un ulteriore passo in avanti con la Terza Guerra d'Indipendenza contro l'Austria, scoppiata in seguito alla partecipazione dell'Italia alla Guerra austro-prussiana del 1866. La Terza Guerra d'Indipendenza portò all'annessione del Veneto e del Friuli. Dopo questa data rimanevano ancora fuori dal Regno il Lazio, il Trentino (senza l'Alto Adige) e la Venezia Giulia, la cui annessione era necessaria per completare il processo di unificazione.

Papa Pio IX
Seppure alla proclamazione del Regno d'Italia fosse stata indicata Roma come capitale morale del nuovo stato, la città rimaneva la sede dello Stato Pontificio. Alcune terre papali erano già state annesse, altre (Marche ed Umbria) erano state perse dal papa in seguito alla Battaglia di Castelfidardo, ma lo Stato della Chiesa, ridotto al solo Lazio, rimaneva sotto la protezione delle truppe francesi che continueranno a difenderlo dai due tentativi falliti di Garibaldi. Solo dopo la sconfitta e la cattura di Napoleone III a Sedan, le truppe italiane il 20 settembre 1870 entrarono dalla breccia di Porta Pia nella capitale. Dopo il 2 ottobre 1870 che sancì l'annessione di Roma al Regno d'Italia, nel giugno del 1871 la capitale d'Italia, già trasferita da Torino a Firenze, divenne definitivamente Roma. La Chiesa romana di Papa Pio IX, che si considerava prigioniero del nuovo stato italiano, reagì scomunicando Vittorio Emanuele II, ritenendo inoltre non opportuno, e poi esplicitamente proibendo che i cattolici partecipassero attivamente alla vita politica italiana, da cui si autoesclusero per circa mezzo secolo con gravi conseguenze per la futura storia d'Italia.
Il Trentino-Alto Adige, la Venezia Giulia, l'Istria, la città di Zara, furono uniti all'Italia nel 1924.